Il Forte del Forte, e non solo
L’Italia è il paese dei tesori nascosti. Scopri dietro l’angolo, a qualche chilometro, dopo una collina, lungo una curva lo straordinario quotidiano che trasforma il viaggiare nel nostro paese in un percoso unico al mondo, ricco e sorprendente per ogni dove.
Parafrasando un’altra famosa stazione balneare, si va al Forte perchè il Forte è il Forte, punto nevralgico di quella Versilia che è stata trasformata negli anni nel punto nevralgico del turismo “Glam”, colonizzato nel corso dei secoli e dei decenni in modo assai differente: l’aristocrazia nobiliare prima, quella industriale e borghese poi, quella straniera infine.
Ma il Forte sa anche sorprendere, appena si scosta il drappeggio lussureggiante delle ville, dei ristoranti, dei caffè e dei negozi griffati. Anche se la storia del borgo non è affatto antica - come spesso capita nel nostro paese - conserva aspetti che vale la pena di conoscere. Infatti fino a tempi recenti la zona era tutt’affatto insalubre, ricca di boschi ma anche di acquitrini, e rivestiva interesse solo come area di passaggio dei marmi dalle vicine cave, e dei minerali di ferro dall’Elba.
Si inizia a parla e di questo luogo solo nel 1500 circa, quando la grande popolarità di Michelangelo Buonarroti e della sua scuola ne esigono una gestione più oculata per il trasporto del prezioso Statuario di Carrara. Venne così costruito il “Magazzino della Magona” o “Magazzino dei Marmi” il cui nome non richiede interpretazioni. È il più antico edificio della città e risale all’inizio del XVII secolo, e tutt’ora è visibile.
Con il passare degli anni si rese necessario presidiare in modo più strutturato e consistente l’abitato che iniziava a prendere forma, e fu Leopoldo I di Lorena, granduca di Toscana, a commissionare la struzione di un’opera difensiva destinata a diventare simbolo del borgo al punto di donargli il nome: il “fortino” o “Forte Lorenese”, oggi inserito nel contesto urbano ma ben isolato nei suoi caldi colori mediterranei. Mutato di funzione nel corso dei decenni, l’edificio fu adibito a varie funzioni pubbliche, fino a diventare oggi la sede di un inusitato Museo della Satira e della Caricatura che davvero non ti aspetteresti in qeusto fulcro di mondanità.
A poca distanza l’altro simbolo del Forte, il famosissimo Pontile Caricatore, di cui forse pochi - anche tra quelli che l’hanno passaggiato - conoscono l’origine bicentenaria di duro lavoro e di commerci. Già nell’800 infatti il pontile conduceva alla “Mancina”, una poderosa gru marittima da 250 tonnellate adibita al “caricamento” degli enormi blocchi di marmo, chiamata così perchè aveva il solo movimento sinistrorso. Il pontile era sostenuto da una mirabile opera di palafitte in legno di pino, capaci di contrastare l’erosione della salsedine e la forza delle mareggiate: non così l’opera distruttiva dell’uomo.
Nel corso della Seconda Guerra infatti il Pontile fu distrutto irreparabilmente. Il “ponte” come lo chiamano i locali era simbolo della rinascita economica del borgo fin dagli anni ’30, e l’Amministrazione lo volle riedificato in cemento armato, fino agli attuale 275 metri. Camminando lungo la passerella dunque, possiamo sentire il fluire dei secoli nella loro placida volubilità
Parafrasando un’altra famosa stazione balneare, si va al Forte perchè il Forte è il Forte, punto nevralgico di quella Versilia che è stata trasformata negli anni nel punto nevralgico del turismo “Glam”, colonizzato nel corso dei secoli e dei decenni in modo assai differente: l’aristocrazia nobiliare prima, quella industriale e borghese poi, quella straniera infine.
Ma il Forte sa anche sorprendere, appena si scosta il drappeggio lussureggiante delle ville, dei ristoranti, dei caffè e dei negozi griffati. Anche se la storia del borgo non è affatto antica - come spesso capita nel nostro paese - conserva aspetti che vale la pena di conoscere. Infatti fino a tempi recenti la zona era tutt’affatto insalubre, ricca di boschi ma anche di acquitrini, e rivestiva interesse solo come area di passaggio dei marmi dalle vicine cave, e dei minerali di ferro dall’Elba.
Si inizia a parla e di questo luogo solo nel 1500 circa, quando la grande popolarità di Michelangelo Buonarroti e della sua scuola ne esigono una gestione più oculata per il trasporto del prezioso Statuario di Carrara. Venne così costruito il “Magazzino della Magona” o “Magazzino dei Marmi” il cui nome non richiede interpretazioni. È il più antico edificio della città e risale all’inizio del XVII secolo, e tutt’ora è visibile.
Con il passare degli anni si rese necessario presidiare in modo più strutturato e consistente l’abitato che iniziava a prendere forma, e fu Leopoldo I di Lorena, granduca di Toscana, a commissionare la struzione di un’opera difensiva destinata a diventare simbolo del borgo al punto di donargli il nome: il “fortino” o “Forte Lorenese”, oggi inserito nel contesto urbano ma ben isolato nei suoi caldi colori mediterranei. Mutato di funzione nel corso dei decenni, l’edificio fu adibito a varie funzioni pubbliche, fino a diventare oggi la sede di un inusitato Museo della Satira e della Caricatura che davvero non ti aspetteresti in qeusto fulcro di mondanità.
A poca distanza l’altro simbolo del Forte, il famosissimo Pontile Caricatore, di cui forse pochi - anche tra quelli che l’hanno passaggiato - conoscono l’origine bicentenaria di duro lavoro e di commerci. Già nell’800 infatti il pontile conduceva alla “Mancina”, una poderosa gru marittima da 250 tonnellate adibita al “caricamento” degli enormi blocchi di marmo, chiamata così perchè aveva il solo movimento sinistrorso. Il pontile era sostenuto da una mirabile opera di palafitte in legno di pino, capaci di contrastare l’erosione della salsedine e la forza delle mareggiate: non così l’opera distruttiva dell’uomo.
Nel corso della Seconda Guerra infatti il Pontile fu distrutto irreparabilmente. Il “ponte” come lo chiamano i locali era simbolo della rinascita economica del borgo fin dagli anni ’30, e l’Amministrazione lo volle riedificato in cemento armato, fino agli attuale 275 metri. Camminando lungo la passerella dunque, possiamo sentire il fluire dei secoli nella loro placida volubilità