Caporetto e Hiša Franko, l'equilibrio inventato
Immenso è il fascino che i luoghi di confine esercitano sul viaggiatore. Ne titillano la curiosità, lo spingono a comprendere le ragioni storiche e le evidenze presenti, racchiuse attorno ai sintomi concreti di un viluppo di avvenimenti che spesso non hanno un solo colore, e tantomeno un solo sapore.
Varcando il confine in quella specie di Vecchia Berlino nostrana che è Gorizia non si avverte nessuna soluzione di continuità nel paesaggio urbano, se non nelle insegne, nei segnali stradali, nei cartelli, nelle targhe automobilistiche. La strada che sale verso Kobarid si srotola proprio sulle rive dell'Isonzo, che solo negli ultimi chilometri della sua vita terrena parla italiano. Qui la riga del confine amministrativo è un filo conduttore attraversato dall'elettricità della Storia, spostato annichilito violato e riscritto più volte di quante la memoria di un popolo possa contemplare e concepire. E allora Sloveni e Italiani sul palcoscenico dei secoli si muovono a ondate, secondo norme astruse scritte da governanti lontani, e ricordano il moto ondoso sulla battigia.
Impossibile sintetizzare in poche righe il vortice di dominazioni che si sono susseguite sul bacino dell'Isonzo, che è una regione coerente e compatta al di là del confine amministrativo che traccia la linea di demarcazione tra gli stati. Sarà perciò inutile ricordare perchè Kobarid - Caporetto - è un nome conficcato nel lessico del nostro paese tra i sinonimi di disfatta. Alle 2 del mattino del 24 ottobre 2017 le forza militari dell'Impero Asburgico, di cui i territori dell'attuale Slovenia facevano parte, e i cui uomini erano arruolati nell'esercito imperiale, scatenò una formidabile controffensiva che travolse l'esercito del regno d'Italia, per le comprovate responsabilità dell'alto comando italiano, respingendolo per oltre 150km fino alla Linea del Piave.
Questa premessa serve a contentualizzare quello che accadde nei lustri successivi: dal 1920 al 1947 fece parte del Regno d'Italia, nella grande provincia di Gorizia, e a seguito della sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale il bacino dell'Isonzo passò al Regno di Jugoslavia. Nel frattempo i dominatori si sbizzarrirono nelle più radicali politiche di nazionalizzazione, con espulsioni, rientri, forzature linguistiche di ogni sorta. Oggi viaggiando lungo la strada per Kobarid le tracce italiche sono rare e consunte, e solo una esigua minoranza della popolazione, a una sola cifra percentuale, si dice di madrelingua italica.
In questa piana increspata da pendii appena accennati, e improvvisi piani verticali alpini, si trova la Casa più famosa di Solvenia, e la più ambita dagli appassionati di cucina italiani (ma non solo): Hiša Franko, - Casa Franko appunto - è il luogo dove converge il genio culinario di Ana Roš, la chef più importante della Slovenia e una delle più acclamate nel mondo. Un ristorante dalla spiccata personalità che grida il suo profilo identitario sottolineato dalla roggia di acqua pura che scorre proprio a fianco.
Qui gli italiani salgono gioiosamente - non più in arme - e si lasciano "conquistare" senza opporre resistenza dall'atmosfera compunta e informale allo stesso tempo in cui la brigata guidata da Ana si muove sulle note della liturgia del "fine dining" ma con la mossa del cavallo: divise ma per nulla impinguinate, cucina e sala non più mondi separati ma spesso intersecati anche nel servizio, con i cuochi di estrazione cosmopolita che si avvicinano al tavolo e si accosciano sorridenti a spiegare. Il percorso che va in onda resta appeso - con mirabile equilibrio - tra un'espressività assai poco incline a darsi dei confini e un granitico rigore nella scelta dell'ingrediente: si pesca nel mondo ma si cucina a Kobarid, in estrema sintesi. La partitura non rinnega gli accordi più popolari della cucina contemporanea - dalle fermentazioni alle sperimentazioni vegetali - ma si muove con eleganza tra chiari riferimenti territoriali: risuonano kombucha, mochi, kebab ma anche orzo e trota. Ingredienti consumatamente quotidiani - uovo, carota, mais - spiccano il volo sulle ali della canzone corale, che attraversa l'oceano con il pastrami di manzo e ritorna a casa con la patata cotta nel fieno d'agosto.
E casa è anche nel nome: Hiša Franko è un tratto d'unione indispensabile, che ogni viaggiatore curioso dovrebbe mettere nel suo taccuino dei desideri.
Le immagini sono dell'Autore.
Varcando il confine in quella specie di Vecchia Berlino nostrana che è Gorizia non si avverte nessuna soluzione di continuità nel paesaggio urbano, se non nelle insegne, nei segnali stradali, nei cartelli, nelle targhe automobilistiche. La strada che sale verso Kobarid si srotola proprio sulle rive dell'Isonzo, che solo negli ultimi chilometri della sua vita terrena parla italiano. Qui la riga del confine amministrativo è un filo conduttore attraversato dall'elettricità della Storia, spostato annichilito violato e riscritto più volte di quante la memoria di un popolo possa contemplare e concepire. E allora Sloveni e Italiani sul palcoscenico dei secoli si muovono a ondate, secondo norme astruse scritte da governanti lontani, e ricordano il moto ondoso sulla battigia.
Impossibile sintetizzare in poche righe il vortice di dominazioni che si sono susseguite sul bacino dell'Isonzo, che è una regione coerente e compatta al di là del confine amministrativo che traccia la linea di demarcazione tra gli stati. Sarà perciò inutile ricordare perchè Kobarid - Caporetto - è un nome conficcato nel lessico del nostro paese tra i sinonimi di disfatta. Alle 2 del mattino del 24 ottobre 2017 le forza militari dell'Impero Asburgico, di cui i territori dell'attuale Slovenia facevano parte, e i cui uomini erano arruolati nell'esercito imperiale, scatenò una formidabile controffensiva che travolse l'esercito del regno d'Italia, per le comprovate responsabilità dell'alto comando italiano, respingendolo per oltre 150km fino alla Linea del Piave.
Questa premessa serve a contentualizzare quello che accadde nei lustri successivi: dal 1920 al 1947 fece parte del Regno d'Italia, nella grande provincia di Gorizia, e a seguito della sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale il bacino dell'Isonzo passò al Regno di Jugoslavia. Nel frattempo i dominatori si sbizzarrirono nelle più radicali politiche di nazionalizzazione, con espulsioni, rientri, forzature linguistiche di ogni sorta. Oggi viaggiando lungo la strada per Kobarid le tracce italiche sono rare e consunte, e solo una esigua minoranza della popolazione, a una sola cifra percentuale, si dice di madrelingua italica.
In questa piana increspata da pendii appena accennati, e improvvisi piani verticali alpini, si trova la Casa più famosa di Solvenia, e la più ambita dagli appassionati di cucina italiani (ma non solo): Hiša Franko, - Casa Franko appunto - è il luogo dove converge il genio culinario di Ana Roš, la chef più importante della Slovenia e una delle più acclamate nel mondo. Un ristorante dalla spiccata personalità che grida il suo profilo identitario sottolineato dalla roggia di acqua pura che scorre proprio a fianco.
Qui gli italiani salgono gioiosamente - non più in arme - e si lasciano "conquistare" senza opporre resistenza dall'atmosfera compunta e informale allo stesso tempo in cui la brigata guidata da Ana si muove sulle note della liturgia del "fine dining" ma con la mossa del cavallo: divise ma per nulla impinguinate, cucina e sala non più mondi separati ma spesso intersecati anche nel servizio, con i cuochi di estrazione cosmopolita che si avvicinano al tavolo e si accosciano sorridenti a spiegare. Il percorso che va in onda resta appeso - con mirabile equilibrio - tra un'espressività assai poco incline a darsi dei confini e un granitico rigore nella scelta dell'ingrediente: si pesca nel mondo ma si cucina a Kobarid, in estrema sintesi. La partitura non rinnega gli accordi più popolari della cucina contemporanea - dalle fermentazioni alle sperimentazioni vegetali - ma si muove con eleganza tra chiari riferimenti territoriali: risuonano kombucha, mochi, kebab ma anche orzo e trota. Ingredienti consumatamente quotidiani - uovo, carota, mais - spiccano il volo sulle ali della canzone corale, che attraversa l'oceano con il pastrami di manzo e ritorna a casa con la patata cotta nel fieno d'agosto.
E casa è anche nel nome: Hiša Franko è un tratto d'unione indispensabile, che ogni viaggiatore curioso dovrebbe mettere nel suo taccuino dei desideri.
Le immagini sono dell'Autore.